Il termine italiano "bullismo" è la traduzione letterale della parola inglese "bullying", termine ormai comunemente usato nella letteratura internazionale per indicare il fenomeno delle prepotenze ripetute tra pari.
Possiamo dire di assistere ad una relazione di questo tipo se:
Il bullismo è una tipologia di comportamento aggressivo che mira deliberatamente a fare del male o danneggiare e presenta le seguenti caratteristiche:
Il bullismo può assumere svariate forme, alcune evidenti ed esplicite altre invece più sottili e sfuggenti all’osservazione. Per tale motivo è possibile distinguere tra:
Il comportarsi da bullo o da vittima non è una tendenza passeggera, in mancanza di interventi intenzionali ed efficaci per porvi rimedio, tali comportamenti rimarranno stabili nel tempo e tenderanno a diffondersi nei diversi contesti.
Le vittime dei bulli hanno vita difficile, possono sentirsi oltraggiate e perdere il desiderio di andare a scuola. Nel corso del tempo è probabile una perdita di autostima e sicurezza. Questo disagio può influire sulla concentrazione e sulla qualità dell’apprendimento, inoltre chi ha subito insistentemente comportamenti vessatori ha più probabilità, da adulto, di soffrire di episodi depressivi. Le conseguenze negative a lungo termine sono inoltre presenti anche per coloro che mettono in atto i comportamenti bullistici con un incremento significativo della probabilità di venire condannati da adulti per comportamenti antisociali.
Il bullismo non è un problema portato da un ragazzo o una ragazza difficili da contenere.
Non è neppure la difficoltà di una persona debole che "non sa farsi rispettare".
Il bullismo riguarda un gruppo e come tale deve essere considerato.
Il riferimento al gruppo è importante per almeno due buoni motivi:
Il bullismo è più frequente dove i bambini o i ragazzi stanno insieme senza scegliersi, come in una classe, su un mezzo di trasporto casa-scuola o in altre situazioni simili. In casi come questi i ragazzi non sono ancora un gruppo, possono diventarlo.
Non è un caso se il bullismo è presente soprattutto nei gruppi di nuova formazione, ad esempio al primo anno delle secondarie di primo grado più che al terzo, e al primo anno di "scuola superiore" più che negli anni successivi. È il momento in cui i ragazzi non hanno ancora trovato un modo per stare insieme, si stanno sperimentando. Possono farlo attraverso dei rapporti di forza o di collaborazione. L'esito dipende molto dall'ambiente in cui vivono, dall'impronta che gli adulti danno allo stare insieme.
Le maggiori potenzialità sono nelle mani degli insegnanti. Solo loro vedono il gruppo tutto insieme e trasmettono al gruppo dei messaggi, anche involontari, su come si sta insieme.
Impiegare un po' di tempo per curare i rapporti tra i ragazzi, soprattutto nelle prime classi, non dovrebbe essere considerato una perdita di tempo ma un investimento. Una classe dove si sta bene, dove nessuno ha paura, dove i conflitti vengono affrontati, è anche una classe dove è più facile insegnare e imparare.
I contesti in cui le prepotenze avvengono con maggior frequenza sono gli ambienti scolastici: le aule, i corridoi, il cortile, i bagni e in genere i luoghi isolati.
Altri luoghi a rischio sono i pulmini, i bus, i treni impiegati nel tragitto scuola-casa, perchè in essi i ragazzi si ritrovano ripetutamente per un tempo a volte anche piuttosto lungo e nella sostanziale assenza di adulti.
Può sembrare strano che, a scuola, proprio le aule siano tra i luoghi più indicati da bambini e ragazzi vittime di bullismo. Spesso le prepotenze avvengono nel cambio dell'ora o comunque di momenti in cui l'insegnante non è presente e non può accorgersi di nulla. Ma non è sempre così.
Ci sono prepotenze che si fanno di nascosto, come le aggressioni fisiche o le estorsioni, ed altre che potrebbero essere intercettate dall'insegnante ma spesso vengono scambiate per scherzi tra ragazzi. È il caso tipico delle esclusioni dal gruppo o delle prese in giro ripetute.
Diciamo che un ragazzo o una ragazza subisce prepotenze quando un altro studente o un gruppo di studenti:
Sentiamo già qualcuno di voi che sta pensando "Ma allora non si può più neanche scherzare...!", "Vuoi vedere che adesso tutta l'aggressività dei ragazzi si chiama bullismo!?"
No, non tutta. Solo quella che si esprime con prepotenze ripetute, tra le stesse persone, tra le quali è riscontrabile una disparità di forze.
Facciamo un esempio semplice.
Le prese in giro sono uno scherzo divertente. Spesso. Quando è così, tutte le persone coinvolte ridono e si divertono sinceramente, sia quelle che prendono in giro, sia la persona di cui si parla. Qualche volta prendersi in giro è anche un modo per riconoscersi, un segno di affetto.
Se però un alunno viene preso in giro ogni giorno, per tanti giorni, con lo stesso nomignolo assurdo, o sottolineando costantemente una sua difficoltà o un suo difetto, e quel ragazzo sta male per questo ma non è capace di difendersi, allora sì, quella che abbiamo di fronte è una situazione di bullismo.
Con questa semplice "prova del nove" - prepotenze intenzionali, ripetute, in squilibrio di forze - possiamo sempre verificare se stiamo parlando di bullismo oppure no.
Facciamo qualche esempio:
Perchè le parole hanno un loro significato e un loro valore.
Perchè dare il giusto nome alle cose è una premessa per stare con gli altri in modo appropriato: non vorremmo mai drammatizzare gli scherzi scambiandoli per prevaricazioni ma neppure minimizzare i reati; non vorremmo intervenire su tutti i conflitti tra ragazzi ma neppure sottovalutare il bullismo.
Conoscere e riconoscere il bullismo rispetto ad altre manifestazioni di aggressività o di conflitto è essenziale per prevenirlo o contrastarlo in modo appropriato ed efficace.
Ormai è chiaro che il bullismo non è un atto episodico, ma una relazione. Le prepotenze si ripetono nel tempo, ed è proprio questo a fare male. Ma il tempo è anche lo spazio dell'intervento educativo. Mentre le azioni episodiche si possono solo interrompere o denunciare, un abuso di potere può essere "trattato" con questi mezzi e con altri ancora che riguardano la relazione educativa, quindi cercando di far riflettere le persone, provando a comprendere perchè il loro rapporto si basa sulla forza, modificando lo squilibrio di potere, coinvolgendo altri ragazzi o adulti...
Molti dicono che...
...il bullismo è sempre esistito.
È vero, ma questa non è una buona ragione perchè debba esistere per sempre.
...il bullismo esiste solo nei contesti degradati.
Non è vero. Il bullismo è un modo di stare in gruppo e può stabilirsi in tutti i quartieri, in tutte le città, in tutti i contesti sociali o culturali.
Se il bullismo può essere ovunque, cambiano le prepotenze tra i ragazzi: ci sono luoghi dove le aggressioni fisiche sono molto diffuse, altri contrassegnati dalle prese in giro o dalle esclusioni. Ma la natura del bullismo non cambia.
...il bullismo è una questione tra maschi.
Non è vero. Anche le ragazze fanno e subiscono prevaricazioni, tra loro e con i compagni dell'altro sesso.
...il bullismo è un virus in un corpo sano, una "malattia della scuola".
Se questo fosse vero, il bullismo dipenderebbe da questioni esterne - per es. le difficoltà in famiglia, la perdita di valori... - e la scuola sarebbe solo il teatro delle prevaricazioni.
Non è del tutto vero. Le influenze familiari, sociali, mediatiche sono molto forti, ma anche l'ambiente scolastico ha la sua importanza.
Le regole della scuola, il modo che gli insegnanti hanno di rapportarsi ai ragazzi, il dialogo scuola-famiglia, il coinvolgimento dei collaboratori scolastici, la possibilità o meno di affrontare i problemi quando si presentano... sono tutti fattori che fanno la differenza.
...il bullismo è un'esperienza che rende forti
Per qualcuno forse è così. Per tutti è un'esperienza che fa male.
...solo la violenza fisica va contrastata, le altre sono cose da poco
E come si fa a dirlo? Nessuno può stabilire a priori quali forme di prevaricazione sono più pesanti delle altre, perchè molto dipende dalla personalità dei protagonisti. Una situazione è grave o meno a seconda di come viene vissuta.
... gli adolescenti possono fare i bulli, i bambini no.
Non è proprio così. Il fenomeno del bullismo viene studiato in tutto il mondo fin dalle scuole primarie e, i suoi presupposti, addirittura nelle interazioni libere tra bambini quando sono ancora molto piccoli.
Certo il bullismo dei bambini e quello degli adolescenti non è uguale.
In genere possiamo dire che nella scuola primaria parlare di bullismo ha un senso a partire da quando la dimensione del gruppo diventa importante per i protagonisti. Intorno agli otto o nove anni le relazioni di prepotenza verso i deboli possono essere moltissime ma più fluide di quanto accadrà in futuro, cioè con ruoli meno fissati, e con forme tipiche dei bambini di quell'età, legate all'aggressività fisica ma, in moltissimi casi, di intensità non troppo grave.
Col crescere dell'età il coinvolgimento nel bullismo si riduce di numero ma diventa più importante. Sono di meno, percentualmente, i ragazzi v it tima, ma ciò che subiscono ha una intens it à maggiore e può lasciare conseguenze più gravi, anche per l'importanza che il gruppo riveste nella fase dell'adolescenza.
... la scuola è impotente di fronte al bullismo
Non è vero. Ci possono essere situazioni in cui c'è bisogno di prepararsi, di formarsi, di acquisire strumenti di intervento. Qualche volta ci si può sentire impotenti, e sicuramente contrastare il bullismo non è un compito facile. Ma decenni di ricerche, progetti, esperienze hanno messo a punto conoscenze e metodologie che possono diventare patrimonio della scuola, ed espandersi ancora.
Perchè il bullismo fa male a coloro che lo subiscono: hanno paura, si sentono soli, sbagliati, umiliati, indifesi. Soprattutto se sono adolescenti si vergognano a chiedere aiuto fino a quando la sofferenza non è già troppo grande ed è più difficile aiutarli.
Più avanti, in età adulta, hanno maggiori probabilità di sentirsi a disagio nelle relazioni con gli altri, di soffrire di depressione e di sentirsi potenzialmente oggetto di prepotenze.
Perchè il bullismo fa male a quelli che lo compiono: si illudono di risolvere con la prepotenza tutti i confl it ti con gli altri e non utilizzano le parti migliori di sè, che potrebbero portarli a collaborare con gli altri e a farsi conoscere per quello che sono realmente; scambiano la paura degli altri per rispetto e approvazione; si fissano nel personaggio del "duro" e sentono di doverlo portare avanti anche quando non ne hanno più voglia, perchè non possono perdere la faccia.
Più avanti, in età adulta, rischiano più degli altri di volersi imporre con la forza, anche compiendo azioni illegali e andando incontro a problemi con la giustizia. In uno studio scandinavo condotto da Dan Olweus, uno dei maggiori studiosi europei di bullismo, il 60% degli studenti che tra la V elementare e la III media erano caratterizzati come bulli, all'età di 24 anni era stato in prigione almeno una volta.
Perchè il bullismo fa male a coloro che assistono senza fare niente: alcuni diventano amici del prepotente per non avere problemi, altri hanno paura di essere presi di mira in futuro, insieme imparano che l'unico valore è farsi i fatti propri, cioè non si può contare sull'aiuto di nessuno, e l'unica vera legge è quella del più forte, cioè tutti sono a rischio perchè tutti hanno dei punti deboli.
Perchè qualche volta i ruoli si ribaltano e le prepotenze si moltiplicano. Il bullismo fa male a coloro che subiscono anche perchè, soprattutto se non vengono aiutati e sostenuti da nessuno, possono decidere di riscattarsi diventando a loro volta prepotenti, scaricando sugli altri la stessa violenza che per troppo tempo hanno ricevuto, moltiplicando così la catena delle prevaricazioni.
La prevenzione del bullismo è il primo passo che ogni scuola può fare e realmente fa, nel momento in cui riesce a costruire relazioni educative forti e attente con i ragazzi e le loro famiglie.
Prevenire le prepotenze significa soprattutto impegnarsi sui percorsi di costruzione del gruppo, con percorsi di accoglienza nelle prime classi con episodici ma realmente di supporto alla conoscenza tra ragazzi e alla costruzione di equilibri basati sulla cooperazione e sull'apertura verso la diversità.
Tutto quello che migliora...
...è risorsa per la prevenzione del bullismo
Passando in rassegna i progetti realizzati in Italia e in Europa negli ultimi anni si possono distinguere quattro livelli di intervento, ognuno caratterizzato da diverse azioni e strategie d'intervento, ognuno con i propri punti di forza e di debolezza e con i propri limiti di applicazione.
I programmi possono essere mirati a coinvolgere:
...con i singoli individui
Si lavora con singoli studenti (vittime o bulli) attraverso il sostegno individuale e il supporto in classe, secondo un approccio morale (giusto-sbagliato), legale (dentro-fuori dalle regole) o umanistico (comprendere invece di punire);
...con la classe
Lavoro con il gruppo classe attraverso un approccio curricolare per il potenziamento delle abilità sociali, la promozione della cooperazione e della solidarietà la consulenza e la mediazione del conflitto tra i pari;
...con la comunità scolastica
Lavoro con la comunità scolastica tramite l'elaborazione di una programmazione scolastica contro le prepotenze, in collaborazione tra scuola e famiglia, l'attivazione di tutti i soggetti che ne fanno parte. Può comprendere i due livelli precedenti;
...con la comunità locale
L'intervento con la comunità locale in un'ottica di psicologia di comunità innesca processi di ricerca-azione che approfondiscano il fenomeno in quel contesto e ne ricerchino possibili vie risolutive, nella messa in rete di tutti gli attori coinvolti.
Il bullismo non è il problema di un ragazzo sbagliato. È il frutto della dinamica di un gruppo in un contesto istituzionale, e chiama in causa tutti gli elementi del sistema. Per questo gli studi più accreditati a livello europeo parlando di politica scolastica integrata, ovvero di una strategia condivisa che metta in azione in modo concorde tutti coloro che vivono l'esperienza scolastica.
La politica scolastica integrata prevede diverse fasi:
Dott.ssa Iris Guazzetti
Psicologa Psicoterapeuta a Reggio Emilia (RE)
Psicologa Psicoterapeuta a Reggio Emilia (RE)
Partita IVA 02144480353
Iscritta all’Albo degli Psicologi dell’Emilia Romagna n. 3900/sezione A